INCREDIBILE  MA VERO  ! 


Ieri passando da Via M. Fiore  a Napoli , strada famosa perchè sede dell'ospedale pediatrico Santo Bono ,noto e d'altra parte era impossibile non notarlo , un gigantesco manifesto che reclamizza l'attività dei parrucchieri con queste parole: "Parlare con il vostro parrucchiere è come parlare con il vostro terapeuta", frase che avevo già sentito pronunciare in forma privata da un parrucchiere che professionalmente parlando non ha fatto una bella fine ed anche da un'estetista di pari valore e bravura ( perdonate l'ironia), ma la sfacciataggine e l'ignoranza supponente di queste categorie non era mai arrivata a tanto, cioè a pubblicare su un manifesto a caratteri cubitali una tale eresia , infatti approfitto di tale atto blasfemo per la mia professione, per fare un pò di chiarezza sull'argomento , in quanto spesso i non addetti ai lavori non sono a conoscenza di dettagli molto importanti : personalmente e  come me altri colleghi, mi sono laureata in psicologia clinica alla Seconda Uuniversità degli studi di Napoli ( serio ateneo) portando a termine 26 esami di cui 12 doppi in quanto divisi in scritto e orale impiegandoci 5 anni , ho seguito un corso di analisi transazionale impiegando  3 anni, ho conseguito il titolo di psicoterapeuta studiando per altri 4 anni, ho frequentato un master della durata di 2 anni , conseguendone il titolo relativo in psicologia giuridica per la perizia psicologica civile e penale e un'altra quantità notevole di seminari , convegni, congressi ,corsi di breve durata, ecc. e avrei fatto tutto questo, secondo questo manifesto, inutilmente, in quanto nella migliore delle ipotesi con un corso di un paio d'anni , indetto dalla regione o da altro ente e un periodo breve come apprendista, sarei potuta diventare una provetta parrucchiera e quindi terapeuta , risparmiando migliaia e migliaia di euro oltre che svariati anni della mia vita. Non scherziamo su un argomento così impegnativo: fare la psicoterapeuta , non si riduce ad ascoltare e commentare la chiacchiera , lo sfogo e il pettegolezzo che molte fanno mentre si fanno fonare la chioma fluente e non.  Sfido qualunque parrucchiere/ ra a spiegare cosa sono i meccanismi di difesa, cosa è il transfert e tanto altro , non basta una lettura veloce di qualche articolo di wikipedia, per comprendere fino in fondo questi argomenti ammesso che li sappiano rintracciare e leggere . Sappiate distinguere un vero professionista della psiche da un millantatore da 4 soldi che sicuramente potrà essere bravo a fare un frisèe o uno shatush ,  quindi saprà forse prendersi cura decentemente del vostro cuoio capelluto, ma non di certo, di ciò che naviga all'interno della vostra mente. Quando vi affidate ad uno psico qualcosa informatevi sulle sue competenze e insospettitevi se pratica prezzi stracciati.



Le basi della terapia familiare

Nella pratica del trattamento familiare ritengo sia doveroso utilizzare tutte le teorie e le tecniche che è stato possibile apprendere nel lungo iter della nostra formazione che a volte diviene infinito,le mie scelte di percorso mi hanno permesso di apprendere due tecniche valide, che a mio avviso per molti aspetti possono integrarsi e permettere all’operatore di avere una vasta gamma di strumenti a cui fare ricorso o per coloro che non sono operatori,ma che nutrono interesse per questi argomenti, di arricchire le proprie conoscenze.
Questo modo di improntare il lavoro, mi rende necessario chiarire subito che la terapia relazionale e la terapia analitico transazionale pur avendo un punto di partenza in comune, in molti casi ,cioè la psicoanalisi (es:vedi la Selvini Palazzoli per la terapia delle famiglie e Berne il fondatore di quella analitico transazionale) ad un certo punto della loro storia professionale se ne distaccano,completamente o parzialmente,perché la loro esperienza e pratica analitica li porta a nuove considerazioni ed intuizioni.Quindi dalla via maestra,vale a dire la psicoanalisi,nonché successivamente anche dalla terapia di impronta psicodinamica che comunque entrambi gli approcci non rinnegano,anzi spesso vi si ricollegano,nascono due strade alternative: la terapia sistemico relazionale e l’analitico transazionale,ma mettiamole a confronto e cerchiamo di chiarirci sui principi base di entrambe: i fondatori della sistemica relazionale o terapia familiare,cioè e ne cito solo alcuni: Haley, Andolfi, Bowen, Minuchin, Whitaker, Selvini-Palazzoli ecc. partendo dalle loro esperienze cliniche soprattutto con casi complessi di anoressia e psicosi,sono giunti alla conclusione che non è l’individuo ad essere portatore del disagio ma tutta la famiglia,per cui iniziarono a parlare di famiglie anoressiche o psicotiche,mentre il singolo paziente che veniva investito dalla designazione di “pazzo”si rivelava essere in realtà solo il capro espiatorio di un disagio molto più diffuso tra i membri della famiglia, sia di origine, che di nuova formazione.
L’ottica per cui il disturbo psichico doveva corrispondere a una logica di tipo causa-effetto, che riguardava solo l’individuo preso singolarmente in esame e in cura, non soddisfa più non solo sotto il profilo della richiesta di guarigione da parte di chi soffre,ma non risponde neanche a un soddisfacente adattamento,infatti in moltissimi casi i miglioramenti, che riguardano queste persone, subiscono una fase di arresto, se non addirittura di involuzione non appena rientrano appieno nella vita familiare e nel loro solito ambiente.La pratica terapeutica porta così a rilevare un altro aspetto basilare nelle relazioni familiari l’effetto circolarità che si sostituisce a quello di causa-effetto.Durante le sedute di terapia si decide quindi di coinvolgere tutti i membri delle famiglie e questo nei primi tempi sarà un imperativo categorico per i terapeuti familiari, un principio che nel tempo andrà ammorbidendosi, in quanto se alcuni componenti non si presentano alle sedute,sono comunque presenti attraverso i racconti degli altri, ed inoltre ciò può essere un buon punto di partenza per capire certi meccanismi.Altri punti fondamentali che si vanno a ricercare con la terapia relazionale riguardano i tipi di confini, che le famiglie esprimono, sia verso l’esterno che verso l’interno,cioè se posseggono confini labili o rigidi ,le ridondanze cioè le ripetizioni,le alleanze tra i componenti, vale a dire le formazioni di sottosistemi,diadi,triadi e se tali formazioni sorgono a favore del mantenimento di un sistema disfunzionale cioè disturbato.
Un altro punto di indagine approfondita riguarda le influenze trigenerazionali:già Bowen affermò che è necessario lo scorrere di tre generazioni,affinchè si possano palesare dinamiche di tipo psicotico,quindi sono tre le generazioni coinvolte in questo tipo di problemi.A riprova di ciò Bowen parla degli eventi”onda d’urto” cioè fatti particolarmente destabilizzanti(lutti,disgrazie, catastrofi) che pur avendo colpito le generazioni precedenti si riverberano con un effetto a catena sull’ultima generazione.Attualmente la terapia familiare si è molto evoluta riguardo al passato e sebbene i principi basilari siano sempre gli stessi ,non è più richiesta la presenza forzata di tutti i membri della famiglia nella seduta terapeutica,in quanto si usano vari escamotages per renderli comunque presenti e in ultima analisi anche l’assenza viene considerata argomento di riflessione e lavoro.Riguardo ai giochi familiari la terapia relazionale sostanzialmente ne identifica uno che secondo la Selvini sta alla base della comunicazione familiare e si tratta del gioco dell’hibris, parola latina che indica nel nostro caso la supponenza, cioè la presunzione di ogni membro della famiglia di definire la relazione con gli altri componenti il nucleo familiare in un gioco al massacro, che mira disperatamente a mantenere l’omeostasi familiare anche se al prezzo della “follia”.Fino ad ora ho fatto una sintesi delle basi della terapia familiare e di ciò che significa gioco per essa,ma ora passerò a parlare di alcuni concetti fondamentali dell’analisi transazionale che di giochi familiari ne indica diversi. L’analisi transazionale ci descrive alcuni giochi famigliari e coniugali, tra i quali ho scelto quelli che ho riscontrato più frequenti nelle mia esperienza e non solo,ma anche più interessanti.Ma per parlare della dinamica dei giochi in A.T. è necessario fare alcune premesse per coloro che hanno poche nozioni riguardo all’analisi transazionale.Sintetizzare in poche righe non è facile,poiché parlo di concetti che nei testi di studio hanno una trattazione lunga,ma mi tocca farlo ,dato che il mio scopo è quello di concentrare l’attenzione sui giochi.
L’analisi transazionale nasce negli Stati Uniti,all’inizio degli anni cinquanta,ad opera di Eric Berne,uno psichiatra conoscitore della psicoanalisi classica e di tanto vasta esperienza,da sentire l’esigenza di coniugare la rigorosa psicanalisi con un metodo che portasse risultati concreti per il paziente in tempi più brevi e attraverso l’analisi del vissuto nel qui ed ora del suo quotidiano,ma preferibilmente, del suo vissuto, nelle sedute di terapia sia individuale che di gruppo,anzi ancor meglio se in queste ultime.Questo metodo si basa,come dice la sua stessa denominazione sulle transazioni:cioè i messaggi che intercorrono tra le persone e che spesso inconsapevolmente o no,distorcono la comunicazione.Ovviamente non sono solo le transazioni a costituire il corpus di questa corrente,ma altri punti fondamentali sono:la struttura,il copione,i giochi(appunto),il sistema ricatto,il triangolo drammatico di Karpman e altro.Riguardo la struttura ,intendendo con questo termine la nostra struttura psichica,per Berne in ognuno di noi opera un bambino,un genitore e un adulto(disegno) che sono il risultato di ciò che abbiamo percepito e sperimentato da bambini più i messaggi genitoriali ricevuti e precisamente come essi sono stati percepiti,più l’esperienza di vita,il tutto filtrato dal personale temperamento,insomma per l’A.T. la famiglia di origine ce la portiamo tutta dentro.Nello stato dell’io del genitore il soggetto parla, agisce e reagisce proprio come faceva uno dei suoi genitori quando era piccolo.
Questo stato condiziona il soggetto assumendo le funzioni di una coscienza.L’adulto invece è lo stato dell’io in cui il soggetto giudica oggettivamente il suo ambiente e valuta le sue possibilità di riuscita in base all’esperienza passata.Infine c’è il bambino,stato in cui il soggetto agisce parla e reagisce proprio come quando era di fatto un bambino o una bambina.All’interno di questi stati primari ci sono ulteriori suddivisioni di cui però non è il caso di parlare ora.Quindi l’analisi strutturale è nella diagnosi degli stati dell’io la separazione di un modello di comportamento-sensazione da un altro.Le transazioni sono le comunicazioni,i messaggi che avvengono tra uno stato dell’ io di un sogg.(stimolo) allo stato dell’io di un altro sogg.(risposta).Esse sono complementari quando sono semplici ed hanno un percorso parallelo oppure se il percorso è incrociato vuol dire che la comunicazione è turbata da una interruzione,come nel caso di un messaggio AA-BG(disegno).Il tipo di transazioni di cui abbiamo parlato fino ad ora avvengono ad un solo livello,ma esiste anche un tipo diverso di transazione che è quella ulteriore angolare e coinvolge due livelli.L’angolare viene ,ad esempio, utilizzata spesso in pubblicità ed ha lo scopo,anche se apparentemente c’è uno stimolo A-A,di suscitare l’interesse di qualche altro stato dell’io come il G o il B(disegno).Il copione consiste in una vera e propria programmazione di vita preconscia, che può creare persone perdenti(patologie) o vincenti,infatti ci sono vari tipi di copione(del mai, del finchè ecc.).Il copione è sempre condizionato dalla programmazione parentale,mentre il bambino è spesso libero di scegliersi una trama personale.Ma quello che mi sembra più importante sottolineare è che spesso i copioni di una coppia sono complementari l’uno all’altro,cioè si sostengono a vicenda come si evince dal modo in cui vengono giocati i giochi di coppia ,ma dirò di più, addirittura sono complementari i copioni di tutta la famiglia..I giochi sono delle trappole psicologiche che ognuno di noi mette in atto per ottenere dei vantaggi,innocui nella migliore delle ipotesi,negativi quando i giochi si fanno “duri” o per dirlo in maniera didattica a seconda della gravità e pericolosità di questi.Il sistema ricatto riguarda i ricatti emotivi e il triangolo di Karpman si riferisce a un doloroso,quasi perverso gioco di ruoli che prevede:una vittima,un persecutore e un salvatore.All’interno di questa mappa concettuale nascono poi altri elementi fondamentali come l’ingiunzione,il demone,il minicopione,i permessi,l’uscita di sicurezza,l’okey korral,la situazione di okeyness,ecc.
Ribadisco che ho fatto una super sintesi,per cui coloro che sono interessati ad approfondire tutti gli argomenti li rimando a due testi fondamentali:”Ciao… e poi? “edito da Bompiani,autore:E:Berne e sempre dello stesso autore e della stessa casa editrice”A che gioco giochiamo.”Fatte queste premesse e tenendo sempre presente la suddivisione della struttura psichica in genitore,adulto e bambino possiamo passare a parlare dei giochi e vedere e constatare quali parti della struttura di ognuno dei giocatori vi sono coinvolte.I giochi famigliari che ho deciso di prendere in considerazione e questo sottende che ve ne sono anche altri,sono quelli che Berne denomina come segue:”Spalle al muro”,”Il tribunale”,”Burrasca”,ma prima di passare alla loro descrizione, bisogna precisare ,che è stata estratta una vera e propria formula che riguarda i giochi e il cui compito fondamentale è di segnalarci che è in atto un gioco o che è stato effettuato un gioco.La formula riassume come si svolge un gioco nelle sue varie fasi ed è la seguente: G+A=R>S>x>T cioè gancio che fa presa in un anello(la debolezza dell’altro),il quale da una risposta(R),allora il giocatore aziona lo scambio e cambia mossa(S),segue un momento di confusione(x),dopodiché i giocatori riscuotono un tornaconto o ricompensa psicologica che consiste in determinati stati d’animo e questo è il punto focale a cui mirano i giocatori,se manca uno dei requisiti suddetti non si tratta di gioco.Il gioco “spalle al muro”esemplifica chiaramente l’aspetto manipolativo dei giochi e la loro funzione di barriera all’intimità,ma vediamo come si svolge in un esempio:LA signora Rosa propone al marito Luigi di andare fuori a cena e il marito accetta di buon grado,ma Rosa fa “inconsciamente una gaffe e chiacchierando del più e del meno accenna alla necessità di ristrut= rare la casa,mentre il marito le ha recentemente detto che è un periodo in cui è necessario risparmiare,ovviamente non è il momento migliore per fare questo discorso,infatti il marito le da una rispostaccia.
A questo punto la signora Rosa si offende e non vuole più andare a cena fuori,il signor Luigi, indispettito, esce lasciando la moglie a casa a rimuginare sull’offesa patita,ma entrambi avranno ottenuto il tornaconto,anche se è stata Rosa ,che intavolando il discorso sulla ristrutturazione, si è messa con le spalle al muro.Il tornaconto o vantaggio psicologico più evidente del gioco è psicologico esterno,cioè dato che dopo una cena fuori,sono soliti fare all’amore, evidentemente entrambi sono riusciti ad evitare l’intimità sessuale.Questo gioco nella forma famigliare,cioè quella che coinvolge i bambini,è un po’ diverso,in questo caso è il bambino ad essere messo con le spalle al muro:tutto quello che fa è sbagliato,questo tipo di trattamento è secondo Bateson un importante fattore eziologico della schizofrenia.A sostegno di questa ipotesi va l’esperienza dell’analisi del gioco nel trattamento di adulti schizofrenici che lo conferma: analizzando la variante famigliare del gioco si è potuto dimostrare che il comportamento schizofrenico era ed è specificatamente assunto per contrastare il gioco,nel paziente opportunamente trattato si osserva una totale o parziale remissione.
Giocato quotidianamente da entrambi i genitori con il figlio diventa un doppio incastro da cui alcuni riescono ad emergere solo con la sintomatologia schizofrenica.Il secondo gioco che intendo prendere in considerazione è “il tribunale”,così denominato perché ha un iter e uno svolgimento molto simile a quello che avviene in un’ aula di tribunale con accusatori ed accusato,lo si osserva frequentemente nella consulenza o terapia di coppia o nella psicoterapia di gruppo.i giocatori,quindi,possono essere numerosi,ma essenzialmente è un gioco a tre:l’attore,il convenuto e il giudice.L’incipit da parte dell’accusatore è di solito il seguente:”State a sentire che cosa mi ha fatto mia moglie(o mio marito)ieri…..ecc.La moglie si difende:”Non è andata così,lui poco prima aveva…e poi eravamo entrambi…non è vero è un bugiardo…ecc.Il terapeuta può scegliere a questo punto di lasciare che il gioco venga giocato per qualche tempo,in maniera da raccogliere materiale clinico sufficiente a chiarire la situazione e poi bloccare il gioco stabilendo la regola che proibisce l’uso della terza persona e da quel momento in poi ciascuno si dovrà rivolgere direttamente all’altro o parlare di se stesso.Un altra manovra che il terapeuta può attuare, è portare direttamente allo scoperto il gioco con la confrontazione:”State giocando a tribunale”,questa metodica viene usata di solito, però, quando gli incontri di terapia non sono alle prime battute.
Se il gioco viene attuato in un gruppo di terapia,spesso il terapeuta prima di comunicare che si tratta di un gioco,lascia che i partecipanti diano la loro opinione al riguardo e ciò ai fini terapeutici serve anche ad individuare quanti hanno la propensione a giocarlo.i vantaggi del gioco sono molteplici,anzi Berne ne fa una suddivisione specifica che potrete consultare nei suoi scritti,quelli più evidenti, secondo me, sono la proiezione della colpa,la ricerca di una rassicurazione o di carezze ed attenzione,poiché c’è un adulto che da voce alla sua parte di bambino e chiede al genitore del terapeuta e degli altri presenti di dargli ragione.Quando questo gioco viene giocato in assenza dell’accusato,può nascondere anche altre motivazioni, come lo spostare l’attenzione da se, cioè dal proprio mondo psichico, mettendo in atto una resistenza,sarà compito del terapeuta riportare il discorso sul paziente.Nella forma quotidiana il tribunale è giocato molto dai bambini con i coetanei.Il terzo gioco è “burrasca”,nella versione classica si gioca tra padri tirannici e figlie adolescenti e pare sia indice che la madre ha delle inibizioni sessuali e si gioca così:il padre rimprovera per una ragione o per l’altra la figlia che lo rimbecca impudente;oppure è la figlia a fare la prima mossa e il padre la rimprovera,cominciano a gridare e il battibecco diventa lite.
Le soluzioni possono essere tre,secondo chi ha preso l’iniziativa:a)il padre se ne va in camera sua sbattendo la porta;b)la figlia se ne va in camera sua sbattendo la porta;c)se ne vanno entrambi sbattendo la porta.La fine di una partita di burrasca è sempre sottolineata da uno sbattere di porte,poiché offre una dolorosa ma efficace soluzione ai problemi sessuali che nascono a volte tra padri e figlie adolescenti,che possono convivere solo finchè sono in collera e tutto quello sbattere di porte serve a mettere bene in chiaro che dormono in due camere diverse.
Nelle forme più esasperate del gioco,il padre attende a tarda notte il rientro della figlia, uscita con un ragazzo e dopo averla esaminata attentamente,se pensa che abbia avuto rapporti sessuali con il ragazzo la punisce severamente,mentre la madre assiste a tutto ciò impotente. Burrasca è comunque giocato anche da coppie che vogliono evitare l’intimità sessuale,si evince da ciò che il vantaggio principale è questo.

Narcisismo

Negli ultimi tempi si è molto parlato del disturbo della personalità narcisista,è diventato un argomento di moda e l’uso di questo termine che originariamente apparteneva alla letteratura psicoanalitica si è diffuso sempre di più anche nel linguaggio comune. 
Il narcisismo in termini descrittivi per il DSM IV si contraddistingue per l’oscillazione dell’autostima e la sensazione di grandiosità(che può nascondere senso di inferiorità e di impotenza), una eccessiva facilità ad essere feriti da eventuali commenti o giudizi critici e una difficoltà ad empatizzare con i bisogni degli altri…….

L'attacco di panico ... questo intruso

La maggior parte di coloro che sono stati colpiti da attacchi di panico riferiscono di non capire cosa gli stia succedendo,capiscono di star male,ma non sanno individuare né la causa ,né il disturbo,anzi molto spesso si recano al pronto soccorso,pensando di avere un infarto.L’attacco di panico si manifesta in vari disturbi d’ansia,ma anche in alcuni casi in cui gli stati ansiosi e depressivi si alternano,è contraddistinto da un inizio improvviso,raggiunge rapidamente l’apice,di solito circa in dieci minuti ed è spesso accompagnato da un senso di pericolo e di catastrofe imminente con relativo desiderio di fuga.Secondo il DSM IV,per fare diagnosi di attacco di panico,la sensazione di intensa paura deve essere accompagnata da almeno 4 dei sintomi,che in totale sono 13,che segnalano l’insorgere del disturbo.Ma prima di elencare quali sono i tredici sintomi dell’attacco di panico,bisogna precisare che l’ansia o meglio la paura non sono sempre state sensazioni solo negative,infatti nell’era preistorica avevano una precisa ragion d’essere, gli esseri umani allora vivevano allo stato selvaggio,a contatto ravvicinato con fiere e rettili estremamente pericolosi per la loro sopravvivenza e in abitazioni poco sicure,per cui trovavano nella paura e nello stare all’erta degli ottimi alleati contro questi pericoli concreti e tangibili,poiché individuandoli rapidamente,potevano meglio difendersene.Attualmente l’ansia e la paura sono ancora degli ottimi campanelli di allarme di fronte al pericolo,quello vero e razionale,ma non quello irrazionale,tipico di questo disagio psicologico.Ma ritornando ai tredici sintomi dell’attacco di panico summenzionato,diciamo che essi sono:1)palpitazioni,2)sudorazione,3)tremori fini o a grandi scosse,4)dispnea o sensazione di soffocamento,5)sensazione di asfissia,6)dolore o fastidio al petto,7)nausea o disturbi addominali,8)vertigini o sensazione di testa vuota,9)de= realizzazione o depersonalizzazione,10) paura di perdere il controllo o di impazzire,11)paura di morire,12) parestesie e brividi,13)vampate di calore.Secondo la mia esperienza e non solo, gli individui tormentati dagli attacchi di panico riferiscono di aver pensato di essere in procinto di morire,di poter perdere il controllo,di stare per avere un infarto o di poter impazzire e la cosa peggiore è che avvertendo a qualche livello che si tratta di un disturbo irrazionale se ne vergognano e quindi hanno spesso delle remore a chiedere aiuto.Se poi spinti dal bisogno di ritrovare il proprio benessere, si rivolgono ad uno psicologo per un trattamento,spesso se ne vergognano come se stessero commettendo un furto, anzi forse di più e molte volte non vogliono renderlo noto neanche alle persone a loro più vicine.A proposito di questo disturbo c’è ancora da dire che spesso è associato all’agorafobia, alla claustrofobia,alla fobia sociale,al disturbo post traumatico da stress ecc.inoltre bisogna distinguere 3 tipi di attacco di panico:gli inaspettati cioè non associati ad un fattore scatenante situazionale,quelli causati dalla situazione(per es. la vista di un cane,nei casi di fobia verso questo animale) e infine gli attacchi di panico sensibili alla situazione(per es.guidare da mezz’ora e avere attacchi di panico)che avvengono quando non si manifestano subito dopo l’esposizione allo stimolo,per la diagnosi di Disturbo di panico gli attacchi devono essere inaspettati,ma nella pratica psicologica ho riscontrato che non sempre la distinzione è così netta,specialmente quando il disturbo è in fase avanzata. 

Agorafobia 

L’attacco di panico si manifesta molto frequentemente accompagnato dal disturbo agorafobico o agorafobia, quest’ultima però può presentarsi anche separata dal disturbo di panico.La caratteristica essenziale dell’agorafobia è l’ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali può essere difficile o imbarazzante allontanarsi,o nei quali può non essere disponibile aiuto in caso di attacco di panico.Solitamente la sensazione di disagio e malessere è collegata a luoghi molto vasti e aperti come indica l’origine della parola, infatti agorà in greco è la piazza.L’ansia che invade e pervade l’agorafobico,determina tipicamente l’evitamento di una varietà di situazioni che possono includere:lo stare fuori casa da soli o lo stare a casa da soli;l’essere in mezzo alla folla;viaggiare in automobile,autobus o aeroplano;oppure essere in ascensore.Alcuni sono in grado di esporsi alle situazioni temute,ma sopportando fatica e paura.Sicuramente la presenza di un accompagnatore,allevia tali disagi.Nonostante non sia tra i disturbi psicologici più gravi,l’agorafobia come anche l’attacco di panico risulta essere molto invalidante per colui o colei che ne soffre,in quanto l’evitamento delle situazioni che inducono sofferenza,può compromettere la capacità di recarsi al lavoro o di portare avanti le incombenze domestiche.L’agorafobia ha delle similitudini con la fobia sociale e il disturbo d’ansia di separazione,alcune volte può essere una ulteriore evoluzione.Vorrei spiegare anche brevemente in cosa consiste la fobia sociale:essa è una paura marcata e persistente che riguarda le situazioni sociali o prestazionali che possono creare imbarazzo e con esso dare adito ad un attacco di panico e può interferire molto con la routine quotidiana,tanto da essere paralizzante anche nell’ attività lavorativa,la paura è quella di essere considerati pazzi,stupidi o deboli e di essere derisi o umiliati,provano tutti i sintomi collegati all’ansia e hanno paura di arrossire e tremare in pubblico,per cui evitano le situazioni scatenanti.A volte l’ansia anticipatoria può davvero procurargli una prestazione scadente.L’ansia da separazione invece riguarda maggiormente i bambini ed è la paura di essere separati dal loro “custode”.Riguardo la mia esperienza con pazienti affetti da questo tipo di disturbi posso dire che ho riscontrato una concomitanza di fattori sottostanti a tali problemi:scarsa strutturazione dell’Io e del Se,fragile identità,Super io rigido e pervasivo,scarsa o inesistente autostima strettamente collegata a sentimenti di autosvalutazione,passività e rabbia repressa,in alcuni casi una certa difficoltà a separarsi psicologicamente dalle figure di riferimento. Disturbo di panico:Se gli attacchi di panico sono ricorrenti,inaspettati, seguiti da almeno un mese di preoccupazione sulle possibili implicazioni e conseguenze possiamo parlare di disturbo di panico Alcuni individui con questo disturbo cambiano in modo significativo il loro comportamento,ma negano di avere il timore per un altro attacco o le preoccupazioni per le conseguenze dei loro attacchi e spesso attuano condotte di evitamento. Possono arrivare a demoralizzarsi fino al punto da lasciare il lavoro.Un divorzio o un allontanamento da relazioni interpersonali importanti può causare una esacerbazione del disturbo.